edito da Super ET – 340 pagine
A volte un libro non può essere scritto solo per l’episodio che vuol raccontare. Molte pagine sono destinate a contestualizzare e molte altre, banalmente, servono a raggiungere il numero di cartelle necessarie al prodotto editoriale come richiesto dal mercato. Inutile dire che il lettore accorto le prende a noia, a meno che non si abbia a che fare con un bravo scrittore (e non sono poi molti). Con Diego De Silva succede esattamente il contrario. L’episodio principale diventa trascurabile rispetto al peso delle pagine che si occupano di altro.
L’avvocato Malinconico è uno che rimugina. Non può farne a meno, perfino nelle situazioni più assurde. Anche quando viene coinvolto in un sequestro di persona, dentro un supermercato, non può fare a meno di giudicare i suoi stessi comportamenti come fosse uno spettatore. Il sequestro, messo in atto dal padre di un figlio ucciso dalla Camorra, che vuole portare il suo personale processo in tv, non pare avere rilievo maggiore delle altre incombenze quotidiane di Malinconico. L’avvocato infatti cerca di tenere insieme a suon di riflessioni un matrimonio fallito, due figli impertinenti, un ennesimo rapporto amoroso che sta finendo, la sua attività che stenta e un cancro della ex amatissima suocera che non vuol avere a che fare con la figlia. Le riflessioni e i motti di Malinconico sono pura filosofia del quotidiano, anche se in realtà non gli migliorano l’esistenza perché, come dice lui: la realtà non supera la fantasia, l’abbassa solo di livello.
Consigliato agli amici che (come me) hanno l’abitudine di rimuginare, perché Malinconico ricostruisce, una disavventura dopo l’altra, il senso di questo vizio. Ah, dimenticavo: l’avvocato Malinconico non è il protagonista solo di questo libro. Lo dico per quelli che cercano un personaggio a cui affezionarsi.
Dado