“L’agente del Caos” di Giancarlo De Cataldo.
Alcuni scrittori sono una sicurezza. De Cataldo, autore de “Romanzo Criminale” e coautore di “Suburra” è sicuramente garanzia di soddisfazione per il genere “Crime”. L’Agente del Caos è un libro che sembra pronto per un’avvincente serie TV (magari ci stanno già lavorando in questo momento, visto che i diritti sono stati comprati prima ancora che il libro fosse pubblicato).
Uno scrittore romano pubblica un romanzo dal titolo “Blue Moon”. L’eroe, un agente segreto italiano, si trova a scontrarsi con Jay Dark, un agente provocatore della CIA, che tratta importanti operazioni di droga. Lo scrittore viene contattato da un misterioso avvocato americano, che lo sprona a riconsiderare quanto scritto. Lui J. Dark lo conosce di persona ed è pronto a raccontare come sono andati veramente i fatti che lo riguardano, perché quell’agente non è parte marginale di una storia, è la storia stessa del ’68 e della diffusione dell’LSD.
In una serie di incontri, che non mancano di provocare forti perplessità nello scrittore, l’avvocato Flint racconta la storia di un piccolo delinquente di Williamsburg, con un grande dono. Per una particolare conformazione del cervello Jarolsav Darensky apprende qualsiasi lingua ad una velocità miracolosa e, cosa più importante, è completamente immune agli effetti di qualsiasi sostanza psicotropa.
Il dottor Kirk, ex nazista a capo di un progetto CIA per il controllo mentale, nonché teorico del Caos, scoprirà le doti di Jaroslav e ne farà l’agente di punta del progetto. Il ragazzo, con la nuova identità di J. Dark, si infiltrerà tra i suoi coetanei con la missione di favorire la diffusione dell’LSD e di altre droghe nei movimenti d’avanguardia del suo tempo, per fiaccarli e consegnarli al Caos.
L’avvincente trama racconta di un riscatto che non arriva mai, ma anche di figure paterne e della spasmodica ricerca dell’autodeterminazione di una generazione che voleva rivoluzionare tutto.
L’Agente del Caos cattura da subito. L’unico appunto che posso muovere riguarda la conclusione che sembra voler chiudere in fretta sull’ultima parte della carriera di Jay Dark. Probabilmente si tratta di un’esigenza dell’autore con lo scopo di mantenere aperto un filo narrativo.
Comunque sia, consigliatissimo.
Dado