Edito da Adelphi – 484 pagine
Attenzione che se leggi mentre guidi, lucido sì, lucido no, Salvini ti toglie la patente. Ascolta la recensione audio:
In questa puntata vi propongo di un romanzo che ha fatto molto parlare di sé attorno al 2000. Non ci è riuscito per una ricca campagna editoriale, quanto per un successo di pubblico che, solo in Italia, gli ha fatto vendere con la prima edizione circa 300 mila copie. Ed era un libro Adelphi, non proprio da lancio in autogrill e supermercati.
Da “La versione di Barney” venne tratto anche un fortunato film con Dustin Hoffman e Paul Giamatti, vincitore di un Golden Globe e un Leone d’Oro.
Dunque successo editoriale, film premiato. Cosa ispira così tanto in questo romanzo? In estrema sintesi potrei dire che il suo personaggio è cinico in maniera commovente e che il suo autore fa riscoprire il senso del politicamente scorretto che, quando non è solo un atteggiamento, è un modo formidabile di rappresentare la realtà.
Però, ve lo voglio raccontare bene.
Partiamo dall’artificio narrativo. Il pretesto del romanzo sono le memorie di un ebreo canadese, Barney Panofsky, o meglio la sua versione. Di cosa? Per metà della sua vita in molti l’hanno creduto un omicida e qualche dubbio è venuto anche a lui.
E’ stato accusato di omicidio e processato per la scomparsa del suo migliore amico. Giudicato innocente, tuttavia sente comunque il bisogno di dare la sua versione sulla scomparsa di Bernard Moscovitch, il suo amico Boogie, ma anche sulle altre calunnie che una vita disordinata e dissoluta ha attirato sul suo nome.
Tra l’altro deve scrivere in fretta, perché capisce che qualcosa non va nel suo modo di confondere i ricordi e di dimenticare le parole, anche quelle di uso comune. Così racconta e divide la sua esistenza in tre grandi capitoli, che corrispondono alle sue tre mogli, le signore Panofsky.
E allora ci racconta di Clara, la prima signora Panofsky. E’ la sua gioventù, sono le sue avventure parigine. E’ il periodo in cui conosce Boogie, talentuoso, cinico e dissoluto scrittore, dedito alle droghe e all’alcol. Sono anche i giorni in cui conoscerà il suo arcinemico, Terry McIver, un altro scrittore, che avrà successo, secondo lui senza merito, e, tra l’altro, calunniandolo nel suo romanzo più popolare.
A Parigi conosce diversi personaggi che ritorneranno nella sua vita a più riprese, ma soprattutto incontra Clara.Poetessa, pittrice, ninfomane e maniaco-depressiva. La sposerà, credendo di averla messa incinta, ma poi scopre che il bambino, nato morto, non è suo. Allontana Clara e lei si uccide, lasciandolo erede di una produzione artistica icona del femminismo, ma a sue spese, visto che in questa lo descrive come un Satiro.
Poi c’è la seconda Signora Panofsky, ricca ereditiera ebrea, che Barney chiama solo così, lasciandola senza nome. Il motivo è che lui stesso non sa spiegarsi la ragione per cui l’ha sposata e ne parla male, anche se ammette di essere lui la causa di tutto.
Logorroica, fanatica dello shopping, con un bisogno d’attenzione cronico, avrebbe potuto essere la sposa perfetta tra le braccia di qualcuno veramente interessato a lei, ma Barney, già durante il suo secondo matrimonio, comincia a corteggiare Miriam, la terza Signora Panofsky.
La Seconda Signora Panosky, tuttavia, è importantissima per la versione di Barney, perché va a letto con il suo amico Boogie, ospitato nel cottage al lago per via d’una crisi d’astinenza. Barney li sorprende a letto e la moglie testimonia al processo di essere andata via mentre i due stavano litigando. Per questo il Pubblico Ministero non crede che Boogie sia solo andato a fare un bagno da ubriaco e non sia più tornato.
Infine c’è Miriam, la terza Signora Panofsky, l’amore della vita di Barney, la donna che gli ha dato i suoi tre figli, nonché la vita che aveva sempre desiderato, salvo poi tradirla e perderla per vanità.
Perché Barney è così. E’ sia vittima che carnefice in una vita in cui tutto sembra scivolargli tra le dita, a parte l’alcolismo e la capacità di fare soldi. Durante tutto il racconto della sua vita, in cui confessa scherzi crudeli, ma anche atti di pura generosità, Barney Panosky fornisce diverse descrizioni di se stesso.
Dice: “Sono sempre stato, e rimango, una spaventosa testa di cazzo, un uomo cattivo, che gode nel vedere quelli migliori di lui trascinati nella polvere.”
E’ vero? Questo romanzo ci racconta di un personaggio negativo? Beh… sì, ma in maniera commovente, perché Barney, linguacciuto sarcastico alcolista, è anche uno che si prende cura di un sacco di persone. Solo che rifugge la normalità perché gli allarga una voragine nell’anima che da sempre non riesce a colmare.
La miglior descrizione di se stesso in realtà ce la dà citando William Butler Yeats:
I migliori non hanno convinzioni, mentre i peggiori / Traboccano di intense passioni.
Come avrete già intuito questo romanzo lo consiglio. Anzi, penso che, se qualcuno dei miei tre o quattro affezionati avesse anche l’ambizione di scrivere, “La versione di Barney” non dovrebbe mancargli nella libreria. Se non altro per l’onestà con cui si descrive questo disonesto, a volte vigliacco, generoso ubriacone.
Ah! Ovviamente non vi posso dire che fine ha fatto Boogie, ma c’è un’intrigante soluzione del mistero nelle ultime pagine, quelle che Barney non ha potuto scrivere.
Dado