663 pagine, edito da La Nave di Teseo
Avete mai pensato a come poteva essere “Do Androids Dream of Electric Sheep?” di Phillip Dick (da cui è stato tratto Blade Runner) se fosse stato scritto da un grande scrittore Italiano?
Beh… non dovrete fare molta fatica, perché in realtà è successo, ci ha pensato Ermanno Cavazzoni.
Come “chi è Cavazzoni?”!! Avete presente “Il poema dei Lunatici”? Lui e Fellini, da quel libro, hanno tratto la sceneggiatura de “La voce della luna”.
Il tema della “coscienza dell’io” negli androidi è stato certamente trattato in innumerevoli opere di fantascienza, ma bisogna onestamente riconoscere che il metodo Cavazzoni ottiene risultati senza pari. Togli drammaticità, aggiungi ironia, sarcasmo e poesia in parti uguali ed otterrai il romanzo di fantascienza che nessuno aveva mai scritto.
Nell’anno 6000, dopo una rovinosa invasione aliena, che ha decimato la popolazione terrestre, l’umanità sopravvive nella Pianura Padana solo grazie agli automatismi della popolazione droide, che continua a provvedere a tutte le necessità.
Gli esseri umani sono perlopiù individui grassi e stolti che collezionano reperti di prima dell’invasione, tipo grucce appendiabito. Il grande cambiamento avviene in modo tale che nessuno si accorge di niente e tutto continua come prima. Essendo decaduto il sistema industriale, nessuno ripara ne sostituisce più i robot e le loro disfunzioni diventano tremendamente simili ai nostri sentimenti. Così piano piano, ma inesorabilmente, tutti i robot a servizio degli umani smettono di servirli per cercare il senso della loro vita.
Tra loro gli MM, gli androidi immortali, che pensano di essere investiti della missione di salvare il genere umano, con risultati disastrosi.
Storie di Androidi, dunque, ma anche di esseri umani che cercano di adattarsi, ovviamente nei modi più irrazionali che riescono a concepire. Ci sono molte cose che potrei ancora dire, ma non voglio togliere il piacere della lettura di questo romanzo. Consigliatissimo.
Dado