Neri Pozza editore – 222 pagine
Con questo libro sono stato ingenuo. Leggendo la IV di copertina ho trovato la sinossi pubblicitaria affidata a citazioni de la Repubblica e dell’Espresso. Quello che avrebbe dovuto mettermi in allarme era che entrambe fossero riferite al libro scritto prima di questo dallo stesso autore. Ecco… se incappate in questo meccanismo, non riappoggiate il libro. Tiratelo lontano… se non lo ha letto chi lo doveva pubblicizzare, vuol dire che c’è più di un problema.
Quello che mi sta più sulle scatole (siamo educati và) è che Sansal è bravo a scrivere, il problema è che questo romanzo, nonostante la potenziale trama ci sia tutta, non è un romanzo. Si tratta di una serie di abbozzi senza soluzione di continuità. In un libro di 222 pagine, prima di riuscire a capire dove vuole andare a parare l’autore, bisogna arrivare a pagina 160. E comunque non vuole andare da nessuna parte, lo chiarisce nelle successive 20 pagine.
Scrittura sperimentale? Sarà, ma a me è parso un lungo rimuginare. Colto, erudito, per carità, ma non so dirvi quante volte mi sia caduto il libro dalle mani colto da travate di sonno dietro la nuca.
La trama, mai sviluppata, è questa (ma non necessariamente in quest’ordine): Dopo i fatti francesi del Bataclan del 2015, un’anziana insegnante in pensione viene aggredita da un ex alunno islamista e finisce in coma. Si sveglia con una personalità doppia. La nuova è quella di Ute von Ebert, della cui vita la prof si era appassionata in altri momenti. Con la personalità di Ute abbozza un romanzo, che in realtà sono lettere alla figlia, su un misterioso nemico alle porte del suo villaggio immaginario in Germania. Poco dopo muore e la figlia cercherà di capirne il senso.
Raga, no. Non lo consiglio. Per prendere sonno ci sono metodi meno violenti. Ringraziate che mi sono sacrificato io.
Dado