Bombiani editore – 272 pagine
Mettiamola così. Ho sentimenti contrastanti nei confronti di questo romanzo. Per spiegarvi perchè sono costretto a fare un po’ di spoiler. (Se lo volevi leggere fermati qui.)
La parte interessante del romanzo è l’analisi dei vari gradi d’immigrazione negli U.S.A. Nuovi americani, legali, che avvertono la distanza da una cultura prevalentemente di facciata. Nati in America, eredi di persone arrivate in catene, che non riescono a liberarsi dell’ombra dei ceppi e vivono un’alienazione che li porta anche a radicalizzarsi.
C’è una sorta di inversione però, per cui la narrazione rilevante sembra solo lo sfondo di un fatto personale… che alla fine è una scappatella.
Bruna è Italiana. Durante una vacanza estiva conosce Tom Bene, rampollo di un’importante famiglia di Italo Americani. Si innamora di Tom e si laurea in America decidendo di formare la sua vita in quel Paese, dove diventa insegnate e mamma.
Il problema è che nella famiglia originaria di Tom c’è una madre con manie di controllo, un padre razzista e omofobo e una sorella con problemi di bulimia. Tutti impegnati ad alimentare le apparenze con atteggiamenti di maniera, che stridono con la personalità di Bruna.
Dopo varie vicissitudini, tra cui il fatto poco gradito ai Bene che il secondogenito di Bruna sia transessuale, il rapporto tra i due nuclei si rompe. La distanza dal disturbo manipolatorio però non crea una fortezza inespugnabile. Dopo anni in cui si replica una dinamica sempre tesa a garantire l’apparenza, Bruna finisce per intraprendere una relazione con un suo studente di colore, Yulnus, di cui rimane incinta.
Potenzialmente in questo libro si parla di diversità etniche, culturali, religiose e di genere. Tutti questi temi però sono impiegati solo per giustificare la fine piuttosto banale di un matrimonio.
La scrittrice vuole così bene al suo personaggio che le mette a disposizione un intero mondo di ipocriti per giustificare un’avventura di sesso che, tra l’altro, non le fa nemmeno godere per quello che è. Da buona martire le procura una gravidanza e fa radicalizzare l’amante, in modo che vada a combattere in Iraq per l’ISIS. Persino il marito cornuto non è innocente nei confronti di Bruna. Ha rinunciato alla sua famiglia d’origine per lei, ma nelle ultime pagine l’autrice ci fa sapere che era sempre andato a puttane… anzi con una puttana sola. Ancora peggio.
C’è poi un passaggio fondamentale del libro che non ho ancora deciso se sia indice di grande ingenuità o sovrastimata furbizia. Perché una quarantaduenne professoressa universitaria colta, cristiana e progressista dovrebbe farsi una storia con un ragazzino radicalizzato e pronto per andare in guerra? L’unico motivo plausibile sarebbe che dopo il sesso si fa saltare in aria e si leva dalle balle, no? E no.
Yulnus, nato James Brown (eh già), è un ragazzo intelligentissimo che, nonostante sia cresciuto senza genitori, frequenta con profitto l’università. E’ mussulmano, ma assolutamente NON radicalizzato. Va a combattere a Mosul per non lasciare solo Mohammed fraterno amico d’infanzia. Eddai…
Non posso dire che sia un brutto libro, ma ho fatto un po’ fatica a leggerlo. Alla fine però questi sono solo consigli per gli amici e dunque no, non lo consiglio.
Dado